Alla XXII Biennale di Flamenco de Sevilla siamo consapevoli che i momenti di crisi che segnano un'epoca sono quelli che, visti da una sufficiente distanza, finiscono per rivelarsi fondamentali per lo sviluppo delle storie delle arti.

Attualmente, possiamo percepire che, dopo le crisi che hanno modificato le nostre società e modi di vivere, stiamo vivendo una serie di alterazioni del flamenco attuale che si concretizzano in uno scambio generazionale.

Si sta svolgendo una staffetta, una testimonianza di quei flamenco che, nel recente passato, hanno teso i limiti delle loro forme e dei loro suoni. Ed è che, per realizzare una qualsiasi cartografia delle attuali conoscenze, è indispensabile svolgere un processo di archeologia. Nel nostro caso, non si tratta tanto di realizzare un'archeologia di un passato lontano quanto di utilizzarla per creare la mappa di un flamenco presente e organico, dando spazio agli artisti che oggi possiamo considerare maestri e loro testimoni. Se i primi hanno osato sgomberare, non senza difficoltà, un campo fondamentale per la comprensione dell'arte contemporanea, i secondi raccolgono la loro testimonianza per arricchirla e mostrare che in essa pulsano le pulsazioni del tempo presente e che, in questa prospettiva, può servirci per rispondere ai bisogni sociali dei contesti in cui si colloca.

Per questo ci è parso necessario compiere questo sforzo, per convertire la Bienal de Flamenco nel contesto e nello spazio più importante della città in termini di libertà di creazione, e per questo è altrettanto necessario rifletterlo nel programma che noi regalo,

Siamo inoltre impegnati in nuovi modi di presentare spettacoli e processi creativi, superando così l'idea di un genere separato dal resto delle pratiche artistiche che convergono in quello spazio-tempo che chiamiamo contemporaneo.

Pensiamo che una cultura solo preservata, senza evoluzione, non possa essere quella che vogliamo per il flamenco, poiché la funzione delle istituzioni deve essere, soprattutto, quella di comprenderlo come un'arte viva. Si tratta insomma di farlo partendo dall'entusiasmo che mina l'apatia dei tempi difficili, di spostare le strutture di potere stagnanti per far fiorire nuovi discorsi. Si tratta, come abbiamo detto prima, di fare della Biennale uno spazio di libera creazione, che ci conduce direttamente alla gioia e alla festa.

Chema Blanco

Director de la XXII Bienal de Flamenco

link: http://www.labienal.com/presentacion