Secondo spettacolo di rilievo internazionale al XII Stuttgarter Flamenco Festival per concludere le esibizioni al Theaterhaus di Stoccarda.

Come si può desumere già dal titolo, lo spettacolo di Manuel Liñan è l’unione tra il coreografo e il ballerino. Lo spettacolo sottolinea, evidenzia e glorifica le capacità assolutamente superiori di Manuel nello zapateado, con larga parte dello spettacolo durante il quale i piedi del ballerino non si fermano mai, siano essi a contatto con il tablao o sopra alle sedie, sempre mantenendo il compas come se ogni pensiero, ogni idea di movimento che nasce nella testa del coreografo o del ballerino, nel momento subito prima del sonno in cui l'azione si svolge, si traducesse immediatamente in un taconeo, un golpe, una planta aiutati, quando necessario, anche da palmas e golpes su gambe, torso, natiche.

Una vero “ballo d’autore” che lascia esterrefatti per la precisione del gesto, la velocità, la forza e la modulazione dei suoni.

La sintonia con la chitarra di Manuel Valencia ed il cante di David Carpio sono eccellenti, nella continua sottolineatura che chi “comanda” è sempre Manuel, esasperata nella parte in cui “mette in posa” come un burattino David Carpio.

La scena, scarna come di consueto nelle produzioni degli ultimi anni, viene delimitata da 6 lanterne che, opportunamente disposte dagli artisti, delimitano gli spazi, quasi sempre squadrati, dentro ai quali si svolge l’azione.

Alla fine l’esibizione di bravura di Manuel è eccellente, superlativa, tanto da risultare, forse, strabordante e quasi eccessiva. C’è talmente tanto virtuosismo da rendere difficile, se non impossibile, trovare un filo logico nello spettacolo se non quello di una dimostrazione di bravura nella tecnica di piedi, cosa che alla fine è stata esattamente l’obiettivo di Manuel Liñan in questo spettacolo che quindi risulta perfettamente centrato.

Sarà perché per chi non è “flamenco” ma solo “aficionado” risulta più difficile entrare in un mondo del flamenco così “asciutto”, ma a mio parere è mancata la parte teatrale, la storia, il pathos, l’empatia.

Anche nella parte finale, in cui si percepisce di più il teatro, con il sogno di ballare in abiti femminili con bata de cola, abanico e manton, la tecnica esasperata toglie una parte di sentimento anche al pezzo finale, “…y soñé…”, seppure struggente anche nella coreografia.

Applausi più che meritati per gli artisti, ovazioni per Manuel Liñan, superlativo nel baile, da parte del pubblico di Stoccarda.

Un arricchimento sulla tecnica del flamenco per utenti “addestrati ed esperti”, assolutamente complicato da proporre ad un pubblico di neofiti che avrebbero difficoltà a capire la performance tecnica oppure la vedrebbero come una specie di complicatissimo esercizio di abilità ma, a mio parere, difficilmente la intenderebbero come un’interpretazione artistica. Per i teatri al di fuori della Spagna, in città dove non ci sia una cultura flamenca, previamente costruita passo a passo, sarebbe uno spettacolo ostico che, anziché avvicinare al flamenco chi ne fosse digiuno, provocherebbe una sorta di indigestione con conseguente fine di un possibile amore mai nato.

Foto da: https://manuellinan.com/espectaculos/baile-de-autor/