Se in campagna si suonano canti per sostenere le lunghe ore di lavoro, nei paesi si levano canti allo stesso modo che accompagnano il lavoro di un artigiano, di un fabbro...
Canti artigianali come il toná, il martinete, la carcelera, la debla o la saeta, sono di creazione gitana, anche se questo non impedisce loro, come qualsiasi altra modalità di flamenco, di essere eseguiti dal popolo.
La rassegnata denuncia dell'ingiustizia, la durezza dell'opera, la dolorosa fuga dalle persecuzioni, il dolore della reclusione e l'angosciata impotenza per l'arresto e la morte dell'innocente Gesù Cristo crocifisso, sono le ragioni principali espresse nei suoi testi. Le sue composizioni poetico-letterarie sono servite come base per la creazione di numerosi stili.
L'origine etimologica di “carcelera” si trova nel vocabolo latino carcerarius (da carcer,- eris): carcere, carcere, carceriere, carceriere.
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Non mancano le persone che credono che la sua origine etimologica possa derivare dal caló debla, "dea".
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L'origine etimologica di “martello” si trova nel maglio, un componente della fucina che colpisce i lingotti di metallo sull'incudine per dar loro forma e che ha il soprannome di martinete.
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L'origine etimologica di saeta deriva dal latino "saggita", preghiera o preghiera dedicata a Dio e alla Vergine.
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I tonás, insieme ai seguiriyas, costituiscono la forma più primitiva di flamenco e derivano dal romanticismo, quindi si può dire che è una derivazione dei primitivi romanzi gitani.
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